Chissà se a te è successo. A me, sì. Ero molto giovane quando ho cominciato a ridurmi, a rimpicciolirmi. Me lo chiedeva mia madre, non ti mettere in mostra, diceva. Umile. Fai attenzione a non dare nell’occhio a non concentrare l’attenzione su di te che tu una cachilla sei; non capisci niente.
Ero bella da ragazza e mia madre aveva un problema aggiuntivo, diminuirmi di aspetto. Sennò gli uomini mi mettevano gli occhi addosso e io mi sarei trovata nei casini. Su questo fronte abbiamo toppato in due. Lei, in fondo, aveva piacere a comprarmi un bel vestito a vedermi elegante, mi guardava senza granchè indugiare e sorrideva appena, un vapore di felicità, uno sbuffo che andava immediatamente a dileguare. Mi ha amata, da adulta, mi ha amata.
Le piaceva moltissimo leggere quello che scrivevo, di cinema di libri di mostre di incontri, meno quando disegnavo. La scrittura godeva nella sua gerarchia dei saperi una importanza superiore, anche rispetto alla musica che lei ha studiato e insegnato per tutta la vita adulta, 42 anni di insegnamento fatti a piedi. Mamma non guidava e se ne andava baldanzosa e affamata di incontri verso la scuola che le era toccata perché il rapporto con i colleghi il preside le sue classi di giovanissimi, insegnava alla scuola media, è stato sempre, sempre motivo di orgoglio realizzazione professionale indipendenza. E via di fuga. Il lavoro le ha consentito di ripristinare il suo senso di unità personale, affettivo cognitivo volitivo che poi lei tornando a casa andava come Penelope, a disfare. Una condanna l’amore mio ha scontato. Un ergastolo. Così usciva di casa la mattina molto presto lasciando il Disordine delle cose e dei Sentimenti alle spalle, le sue belle spalle, che aveva una figura sottile lineamenti molto belli, occhi grandi di cielo dato in prestito e soprattutto un sorriso birbone che saltava come fa un coniglio, improvviso. Sbucava, il coniglio, ogni volta che lei intercettava con il suo spiccato sentimento del tragico un risvolto banale, terra terra, una coincidenza surreale che illuminava la scena del crimine, impietosamente. Buffamente. Avrebbe voluto essere chissà che madre e si sentiva un fallimento. E invece è stata grandissima. Proprio perché aveva un sacco di limiti un casino di problemi ed era cronicamente arrabbiata con noi, io Rosi, con mio padre non ne parliamo, questo suo essere fragile mi ha allenato a stare in piedi pur con le caviglie spezzate. Trova il modo, e fallo, io non posso aiutarti. Sui tempi lunghi un genitore pieno di casini mette al mondo un figlio che cerca di sbrigarseli per conto suo, facendone altri su altri tavoli da gioco.
Non ti abbattere stai attenta e non metterti in mostra. Forse sei brava ma tu fai finta di non esserlo, non crederci e non credere a chi te lo dice e, a quel punto, la linea di confine fra verità e finzione si è definitivamente ingarbugliata. Credo che il sentimento del pudore, la vergogna, la indusse a farsi piccola, e a farci piccole, a me a Rosi, trascurabili cose, e che dietro questo sentimento si nascondesse un pensiero magico. Volto a scansare l’invidia delle altre degli altri; era scaramantica, la mia mamma. L’invidia che qualcuna qualcuno nutre per te, porta jella. Passerottina!
Aveva paura e quella è stata la smisurata passione della sua vita: un Everest di Paura. Paura di ogni cosa non potesse controllare, quasi tutto, se pensi che non guidava non si occupava di fare la dichiarazione dei redditi non metteva soldi da parte non gestiva complicati rapporti familiari che i suoi non abitavano più in Puglia dall’inizio degli anni 60’ e che non avesse alcun interesse a viaggiare che tanto con papà litigava, e nemmeno ad andare una volta al ristorante è stata interessata che, i soldi non si buttano.
Il problema di questa pervicace ossessiva opera a disfare a negare a miniaturizzare è che non si può proseguire oltre una certa soglia. Perché poi dal mondo esterno cominciano ad arrivare degli apprezzamenti sinceri degli aiuti veri e si aprono porte, pure. A quel punto vai a rimettere in scala la tua maniacale attenzione a non esagerare a minimizzare con la necessità che hanno i sentimenti le capacità espressive i doni ricevuti, i talenti innati, ad agire con determinazione la loro voce la loro profonda motivazione la loro unica e sola occasione di esistere. Adesso. Oggi. Ora, qui. Perché la mia mamma non fece i conti con la qualità essenziale di un’anima. Il Coraggio. A quello non gliene frega niente dell’invidia di Tizio dell’imbarazzo di Caio. A quello interessa cambiare il mondo e fare più felice la mia vita e farlo subito. Concentrata precisa illuminata. Sicura di me.